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2015 18 MAR

Biomarkers predittivi di gravità nella bronchiolite

La bronchiolite è fra le principali cause di ospedalizzazione nei primi due anni di vita ed ancora oggi la sua diagnosi è principalmente legata al giudizio clinico del pediatra

La bronchiolite è fra le principali cause di ospedalizzazione nei primi due anni di vita ed ancora oggi la sua diagnosi è principalmente legata al giudizio clinico del pediatra che valuta la gravità della malattia ed indirizza i piccoli pazienti in uno dei diversi assetti assistenziali che variano dalle cure domiciliari alla terapia intensiva.

L'individuazione di biomarkers predittivi di gravità della malattia potrebbe essere di grande aiuto clinico.

A tale riguardo è interessante il lavoro dal titolo: "Lactate dehydrogenase and caspase activity in nasopharyngeal secretions are predictors of bronchiolitis severity" pubblicato su " Influenza and Other Respiratory Viruses" nell'agosto 2014 da due gruppi di studio della Texas University.
L'attività della LDH (Lattico Deidrogenasi) è un indicatore di danno cellulare che può derivare da processi di necrosi o di apoptosi delle cellule epiteliali e/o granulocitarie delle vie respiratorie. Le caspasi 3 e 7 sono enzimi, marcatori di apoptosi cellulare così come dimostrato in precedenti studi sulla immunità antivirale dei granulociti e delle cellule dell’epitelio respiratorio.
Gli autori sostengono l'ipotesi che durante la risposta immunitaria precoce per controllare l'infezione
virale acuta delle vie respiratorie, un eccesso di necrosi delle cellule epiteliali, sia da replicazione virale diretta che da risposta infiammatoria secondaria, è dannosa per l'ospite rispetto ad un percorso antivirale pro-infiammatorio regolamentato dall'apoptosi e che l'attività della LDH ed il rapporto fra questa e l'attività delle Caspasi 3/7 (misurati nel liquido di lavaggio nasale), siano i marcatori dei processi di necrosi cellulare e di apoptosi dell'epitelio respiratorio nei bambini affetti da bronchiolite.

Se fossero misurati, tali marcatori potrebbero essere predittivi della gravità della malattia.
Nello studio sono stati arruolati 131 bambini affetti da Bronchiolite (nel periodo ottobre 2010 - aprile 2011), di età inferiore ai 2 anni. Di essi 112 erano stati arruolati durante una visita al pronto soccorso mentre gli altri 19 entro 24 ore dal ricovero in una unità di Cure Intensive. Al momento dell’arruolamento, oltre alle informazioni cliniche e demografiche ed alla tipologia di assistenza a cui venivano indirizzati (dimissione a casa - ricovero in Unità per acuti - ricovero in Unità di Cure Intensive), è stato raccolto un campione di liquido da lavaggio nasale in cui sono stati analizzati i virus respiratori, gli enzimi caspasi 3 e 7 e l’LDH.
Nel lavaggio nasale è stato individuato un patogeno virale nel 91,6% dei casi responsabile di una singola infezione nel 61,8% dei casi mentre nel 29,8% si trattava di una co-infezione virale. I virus maggiormente isolati sono stati il Virus Respiratorio Sinciziale (64,1%) ed il Rinovirus (26%).
I pazienti che per la gravità della malattia erano stati ricoverati nella Unità di Cure Intensive avevano valori significativamente più alti di LDH nasale rispetto a quelli dimessi dal Pronto Soccorso al proprio domicilio o ricoverati in una Unità di Cure per Acuti.

I bambini infetti da VRS avevano valori più elevati di LDH nasale rispetto a quelli infetti da altri virus.
Nello studio si è visto che i valori di LDH nasale e di Caspasi 3/7 nasali erano significativamente correlati fra loro e quando i bambini sono stati divisi in due gruppi, ospedalizzati e non ospedalizzati, il rapporto LDH/ Caspasi 3/7 nasali, nel gruppo degli ospedalizzati, fu significativamente più alto che nei bambini non ospedalizzati.

Le conclusioni a cui giungono gli autori dimostrano che Biomarkers come LDH e Caspasi 3/7 ottenuti da lavaggio nasale, in relazione con variabili demografiche da valutare attraverso ulteriori studi (come ad es. l'età dei piccoli pazienti) sono predittivi della severità della bronchiolite e possono aiutare a distinguere bambini che richiederanno livelli di cure intensive da quelli che potranno essere dimessi al proprio domicilio o ammessi ad un ricovero in ambiente per Cure Acute.

Articolo a cura di Giovanni Pompeo Ciccarone