Il termine “iperreattività bronchiale” è spesso utilizzato al posto di “asma” per quei bambini piccoli che soffrono di respiro sibilante. Ci possono essere alcune motivazioni lessicali e prognostiche, ma in questo breve articolo vediamo perché dovremmo essere più precisi con le parole.
L’esistenza di RAD è un problema sotto vari aspetti: non esiste un codice diagnostico né si trova nei principali dizionari medici (rientra nel capitolo “asma”), è fonte di confusione per i genitori e il suo utilizzo in studi di ricerca (insieme ad altri termini generici come wheezing o sintomi asmatiformi) rende complicato uniformare le popolazioni per trarre dei risultati. Ovviamente, si può comprendere il timore di utilizzare la parola “asma” in un bambino molto piccolo, ancora non in grado di eseguire la spirometria per confermare la diagnosi e che magari potrà successivamente “guarire”. Però, se usiamo farmaci anti-asmatici in presenza di sintomi ben definiti, perché non dovremmo parlare di “asma”? Se pensiamo possa spaventare, potremmo cercare termini alternativi meno minacciosi, come “asma transitoria” o “asma del bambino piccolo”, che impongono comunque un follow-up e una rivalutazione nel tempo per renderla una diagnosi conclusiva.
E’ importante riappropriarsi di una terminologia corretta e univoca sia per comunicare al meglio tra colleghi che per offrire al genitore e al piccolo paziente un quadro chiaro della sua patologia. Ogni parola può avere una doppia faccia, il tutto sta nel saperla presentare nel migliore dei modi, anche quando si dice “asma” e non “iperreattività”.
Douglas LC and Feder KJ. RAD: Reactive Airways Disease or Really Asthma Disease?. Pediatrics. 2017;139(1):e20160625
No metadata found.