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2015 29 APR

Miglioramento della qualità assistenziale e riduzione del monitoraggio continuo della saturazione di O2

Diventa sempre più intenso il confronto scientifico sulla ottimizzazione dei processi assistenziali nelle Unità operative di cure pediatriche con lo scopo di migliorare la compliance dei piccoli pazienti rivisitando l’applicazione di pratiche mediche il cui uso eccessivo può addirittura rivelarsi dannoso. E’ il caso del monitoraggio continuo della saturazione di ossigeno (SpO2) nei pazienti pediatrici affetti da distress respiratorio quando non necessitano di supplementazione di ossigeno. La raccomandazione a non fare uso del monitoraggio continuo della SpO2 non appena il decorso clinico migliora è uno dei dieci punti suggeriti nelle Linee guida 2014 sulla Bronchiolite della American Academy of Pediatrics  e fa parte della "Top Five List" dell'iniziativa  Choosing Wisely in Pediatric Hospital Medicine della Society of Hospital Medicine. L'utilizzo eccessivo della pulsossimetria continua, in letteratura, è stato associato ad un aumento dei tassi di ricovero e ad una maggiore durata dello stesso.

A tale proposito è interessante l'articolo pubblicato su Pediatrics nell'aprile 2015 da Amanda C. Schondelmeyer e colleghi del Children’s Hospital Medical Center, Cincinnati nell'Ohio dal titolo "Using Quality Improvement to Reduce Continuous Pulse Oximetry Use in Children With Wheezing".

Gli autori hanno definito, come criterio per la sospensione immediata del monitoraggio della SpO2, valori superiori al 90% in aria ambiente per 2 ore e/o svezzamento dal trattamento  con salbutamolo ogni 2 ore in pazienti ricoverati con distress respiratorio da asma o bronchiolite. Attraverso un percorso educazionale che ha coinvolto l'intera equipe medico-infermieristica di una unità operativa di pediatria del loro ospedale nel trimestre ottobre-dicembre 2013, hanno valutato la mediana del tempo settimanale di utilizzo della pulsossimetria continua, la durata della degenza, la percentuale di pazienti con necessità di un nuovo ricovero a 7 giorni, la percentuale di trasferimenti in terapia intensiva e la percentuale di chiamate del team medico di emergenza.

Per valutare le eventuali conseguenze negative del monitoraggio più breve, sono stati raccolti e messi a confronto anche i dati di una seconda unità operativa dello stesso ospedale in cui non è stato applicato il percorso educazionale per uno svezzamento precoce dalla pulsossimetria continua.

La mediana del tempo di pulsossimetria-continua nella settimana,  si è ridotta da 10,7 ore a 3,1 ore non appena sono stati attuati i nuovi obiettivi assistenziali e tale valore è rimasto costante per tutta la durata dello studio. Non è aumentata la percentuale di pazienti trasferiti in terapia intensiva nè il numero di pazienti che avevano necessità di essere rivisitati a distanza di 7 giorni per peggioramento clinico  o il numero di chiamate del Team medico di emergenza rispetto alla unità operativa di controllo. Non ci sono stati  morti ma al tempo stesso non è stata registrata una riduzione della durata della degenza ospedaliera fra le due unità operative come aveva evidenziato la letteratura precedente (Schroeder et al.).

Questo studio si aggiunge alle prove che sostengono un approccio più giudizioso alla pulsossimetria-continua dimostrando, probabilmente, un buon livello di sicurezza della sospensione precoce del monitoraggio continuo di SpO2 ma al tempo stesso mette in discussione l'impatto sull'allungamento della degenza ospedaliera di una erogazione di ossigeno supplementare impropria (dovuta ad un eccessivo monitoraggio continuo).

Per approfondimenti

Articolo a cura di Giovanni Pompeo Ciccarone